Diciamo basta al mestolo affondato nella minestra.
Una bolla d'aria lo terrà a galla. Geniale!
qui
Diciamo che anche senza il design orientale, a casa mia il problema del mestolo affondato e affogato si presenta raramente.
Faccio certi minestroni e zuppe così densi, ma così densi, che resterebbe a galla anche un servizio da dodici con tanto di portaposate ...
lunedì 30 gennaio 2012
lunedì 23 gennaio 2012
Cuore di mamma
Mia figlia è partita (si vabbè, ha preso il treno e dopo neanche 40 minuti era già arrivata a destinazione!). Però è partita!
La distanza non è molta, è vero, ma è pur sempre andata via di casa. Vabbè, proprio andata via, no, dato che dopo due giorni era già di ritorno ... Ma solo perchè nell'appartamento che divide con due amiche le mancavano alcune cose a-s-s-o-l-u-t-a-m-e-n-t-e indispensabili. Non poteva vivere in un ambiente così spoglio e inospitale, povera la mia bambina...
E qui, è partita la mia smania. Di arredamento, di cambiamento, di abbellimento, di accessoriamento ... Fosse per me, cambierei casa ogni due anni. Mi rendo conto che non è un'idea molto praticabile; quindi, dato che una casa nuova non ce l'ho sotto mano, cosa di meglio della cameretta studentesca della figlia?
Piano d'attacco:
1) disdire tutti gli appuntamenti di lavoro per giornatona Ikea con sosta no-limits al reparto casalinghi e a quello tessuti;
2) dimenticare marito, pranzo e cena per giornata compulsiva alla macchina da cucire;
3) battere palmo a palmo la soffitta nel bieco tentativo di riciclo di materiali e suppellettili in disuso;
4) acquistare nuovo enorme trolley per trasporto tutto suddetto materiale;
5) persuadere la figlia dell'indispensabilità di ogni singolo oggetto.
Un duro lavoro, insomma. Considerata la superficie della suddetta cameretta e della cucina dell'appartamento, ho calcolato un rapporto prezzo-impegno/metro di circa 870 a 1.
Ho cercato di spacciare tutta questa frenesia per amore materno, per preoccupazione per il confort della povera ragazza, ma nessuno mi ha creduto. Mia figlia continuava a dire che era troppo, che per le tende magari poteva anche aspettare, che il tappeto le sembrava eccessivo, che la batteria di pentole non entrava nell'armadietto, che la piantina poteva morire, che del copriletto in tinta poteva anche fare a meno. Gentile (perchè le ho insegnato che con le persone anziane deve essere educata) ma ferma, molto ferma.
Pazienza, non c'è comprensione per le povere mamme!
Comunque, mi sono molto divertita!
La distanza non è molta, è vero, ma è pur sempre andata via di casa. Vabbè, proprio andata via, no, dato che dopo due giorni era già di ritorno ... Ma solo perchè nell'appartamento che divide con due amiche le mancavano alcune cose a-s-s-o-l-u-t-a-m-e-n-t-e indispensabili. Non poteva vivere in un ambiente così spoglio e inospitale, povera la mia bambina...
E qui, è partita la mia smania. Di arredamento, di cambiamento, di abbellimento, di accessoriamento ... Fosse per me, cambierei casa ogni due anni. Mi rendo conto che non è un'idea molto praticabile; quindi, dato che una casa nuova non ce l'ho sotto mano, cosa di meglio della cameretta studentesca della figlia?
Piano d'attacco:
1) disdire tutti gli appuntamenti di lavoro per giornatona Ikea con sosta no-limits al reparto casalinghi e a quello tessuti;
2) dimenticare marito, pranzo e cena per giornata compulsiva alla macchina da cucire;
3) battere palmo a palmo la soffitta nel bieco tentativo di riciclo di materiali e suppellettili in disuso;
4) acquistare nuovo enorme trolley per trasporto tutto suddetto materiale;
5) persuadere la figlia dell'indispensabilità di ogni singolo oggetto.
Un duro lavoro, insomma. Considerata la superficie della suddetta cameretta e della cucina dell'appartamento, ho calcolato un rapporto prezzo-impegno/metro di circa 870 a 1.
Ho cercato di spacciare tutta questa frenesia per amore materno, per preoccupazione per il confort della povera ragazza, ma nessuno mi ha creduto. Mia figlia continuava a dire che era troppo, che per le tende magari poteva anche aspettare, che il tappeto le sembrava eccessivo, che la batteria di pentole non entrava nell'armadietto, che la piantina poteva morire, che del copriletto in tinta poteva anche fare a meno. Gentile (perchè le ho insegnato che con le persone anziane deve essere educata) ma ferma, molto ferma.
Pazienza, non c'è comprensione per le povere mamme!
Comunque, mi sono molto divertita!
domenica 15 gennaio 2012
Nido vuoto
Leggo su Wikipedia che "Si definisce sindrome del nido vuoto quel particolare stato psicologico che colpisce i genitori nel momento in cui i propri figli (in genere perché si sposano o vanno a vivere da soli) lasciano la loro abitazione. Le madri sono maggiormente colpite dalla sindrome del nido vuoto in quanto, spesso, le donne si trovano in questa situazione durante fasi di forte stress quali la menopausa o la cura dei genitori anziani".
Lo leggo perché mi sto informando, documentando ....
Domani mia figlia se ne va e non vorrei trovarmi psicologicamente impreparata.
Si sposa, si trasferisce in Nuova Zelanda, parte per un master di tre anni negli Usa?
Ma no!
Va a vivere nella città dove frequenta l'università ... a 70 km da casa!
E' vicina, però non sarà a casa. La sua "cameretta" sarà vuota ...
Mi mancherà sicuramente, ma è giusto che vada, che impari a camminare con le sue gambe.
Ai figli bisogna dare radici, ma anche ali per volare ...
Per volare via dal nido, appunto.
In bocca al lupo, amore mio.
Vola alta e sicura.
Lo leggo perché mi sto informando, documentando ....
Domani mia figlia se ne va e non vorrei trovarmi psicologicamente impreparata.
Si sposa, si trasferisce in Nuova Zelanda, parte per un master di tre anni negli Usa?
Ma no!
Va a vivere nella città dove frequenta l'università ... a 70 km da casa!
E' vicina, però non sarà a casa. La sua "cameretta" sarà vuota ...
Mi mancherà sicuramente, ma è giusto che vada, che impari a camminare con le sue gambe.
Ai figli bisogna dare radici, ma anche ali per volare ...
Per volare via dal nido, appunto.
In bocca al lupo, amore mio.
Vola alta e sicura.
martedì 3 gennaio 2012
Vestivamo .... alla tedesca
Fosse stato per mia mamma, a vent'anni sarei andata ancora in giro con kilt e calzettoni. Lei riteneva fosse molto classico, molto fine, ma io mi sentivo tremendamente a disagio (per non dire del freddo alle ginocchia!).
Per sottrarmi alle imposizioni materne, pensa che ti ripensa, mi venne un'idea geniale: se avessi imparato a cucire, avrei potuto (forse - mia mamma era un tipo tosto!) indossare qualcosa di diverso, un po' più adatto ai miei sedici anni.
Mia mamma, l'osso duro, non sapeva neppure attaccare un bottone quindi, per imparare i primi rudimenti decisi di rivolgermi ad una vicina di casa (bei tempi, quelli, in cui c'erano le vicine di casa, ci si conosceva e frequentava ... ma questo è un altro post!).
Ricordo ancora la prima gonna cucita interamente con le mie mani, usando una vecchissima macchina da cucire appartenuta alla nonna. Mi sembrava uno strepitoso compromesso, pensato apposta per aggirare eventuali divieti: tartan rosso, ma neppure una piega, modello a tubo, un po' corto. Una meraviglia: e mia mamma non ebbe (quasi) nulla da dire.
Ero partita! Dalle mie mani usciva di tutto.
Per natale mi regalarono una macchina da cucire nuova. Un delirio!
Ed è qui che arrivano i tedeschi. Un giorno scoprii Burda.
Una rivista piena zeppa di cartamodelli. Una merviglia. Aveva solo un piccolo difetto: era tedesca!
Se la provenienza germanica era una garanzia di chiarezza e precisione delle istruzioni, era al tempo stesso un grosso limite per il tipo di abiti che proponeva. La Germania ha tantissimi pregi, la adoro, ma in fatto di moda non è il massimo.
Ricordo certi modelli assolutamente improponibili, vestiti a sacco, pantaloni a mezza gamba, giubbotti similmilitare e il tutto indossato nelle foto da rubiconde ragazzotte o signore taglia 54!
Sfogliare la parte riservata alle foto dei modelli era quasi sempre desolante, ma poi passavo alle pagine centrali, quelle riservate ai cartamodelli e lì, il vestito, la gonna, la camicia, eliminati i tessuti damascati, i bottoni di legno, gli accessori, appariva nella sua essenza, da modificare secondo le mie idee, le mie necessità...
E cucivo, cucivo, cucivo. Che bello!
Ho continuato a farlo fino a quando le mie figlie sono state piccole. Fino a quando ho capito che se avessi continuato a fargli indossare quei vestiti con maniche a palloncino e bottoncini a forma di cuore avrei fatto lo stesso errore che rimproveravo a mia mamma con i suoi kilt e i calzettoni.
Per sottrarmi alle imposizioni materne, pensa che ti ripensa, mi venne un'idea geniale: se avessi imparato a cucire, avrei potuto (forse - mia mamma era un tipo tosto!) indossare qualcosa di diverso, un po' più adatto ai miei sedici anni.
Mia mamma, l'osso duro, non sapeva neppure attaccare un bottone quindi, per imparare i primi rudimenti decisi di rivolgermi ad una vicina di casa (bei tempi, quelli, in cui c'erano le vicine di casa, ci si conosceva e frequentava ... ma questo è un altro post!).
Ricordo ancora la prima gonna cucita interamente con le mie mani, usando una vecchissima macchina da cucire appartenuta alla nonna. Mi sembrava uno strepitoso compromesso, pensato apposta per aggirare eventuali divieti: tartan rosso, ma neppure una piega, modello a tubo, un po' corto. Una meraviglia: e mia mamma non ebbe (quasi) nulla da dire.
Ero partita! Dalle mie mani usciva di tutto.
Per natale mi regalarono una macchina da cucire nuova. Un delirio!
Ed è qui che arrivano i tedeschi. Un giorno scoprii Burda.
Una rivista piena zeppa di cartamodelli. Una merviglia. Aveva solo un piccolo difetto: era tedesca!
Se la provenienza germanica era una garanzia di chiarezza e precisione delle istruzioni, era al tempo stesso un grosso limite per il tipo di abiti che proponeva. La Germania ha tantissimi pregi, la adoro, ma in fatto di moda non è il massimo.
Ricordo certi modelli assolutamente improponibili, vestiti a sacco, pantaloni a mezza gamba, giubbotti similmilitare e il tutto indossato nelle foto da rubiconde ragazzotte o signore taglia 54!
Sfogliare la parte riservata alle foto dei modelli era quasi sempre desolante, ma poi passavo alle pagine centrali, quelle riservate ai cartamodelli e lì, il vestito, la gonna, la camicia, eliminati i tessuti damascati, i bottoni di legno, gli accessori, appariva nella sua essenza, da modificare secondo le mie idee, le mie necessità...
E cucivo, cucivo, cucivo. Che bello!
Ho continuato a farlo fino a quando le mie figlie sono state piccole. Fino a quando ho capito che se avessi continuato a fargli indossare quei vestiti con maniche a palloncino e bottoncini a forma di cuore avrei fatto lo stesso errore che rimproveravo a mia mamma con i suoi kilt e i calzettoni.
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